“Basta con le solite chiese!”… davvero?!…

gruppo di studenti
In visita alla Chiesa di Santa Maria del Popolo

Quante chiese ci sono a Roma? Circa 500. Visitarle tutte? Pressoché impossibile. Allora vale l’equazione “viste alcune viste tutte”? A volte sì, e a volte no.

Ma tante o troppe che siano, quali simili e quali differenti fra loro, “Basta!”, oppure “Ancora!” è il commento che, a denti stretti o a chiare lettere, non di rado mi sono sentita rivolgere dagli studenti (per lo più medi e liceali), quando l’itinerario da me proposto includeva la visita ad una o più chiese, allo scopo di integrare il programma scolastico e di completare la presentazione di un quadro storico e culturale al quale evidentemente (anche) l’edificio religioso offre un contributo essenziale.

E cosa ho risposto io, dunque, a questa difficile domanda? Eh già, perché non è cosa semplice distogliere dai cellulari la scolaresca di preadolescenti distratti e ciarlieri, e suscitare curiosità e attenzione davanti a una facciata rinascimentale o barocca, o a un ex voto, o a un altare maggiore, o a un affresco del XV secolo con edificanti storie di santi (a meno che non siamo a Santo Stefano Rotondo davanti al terrificante catalogo di supplizi di santi martiri, ma questa è un’altra storia).

Dunque come ne esco fuori? Preso un bel respiro, mi destreggio raccontando prima qualche fatto curioso che riguarda le vicende della chiesa in questione: buffe reliquie, stupefacenti miracoli, scomode sepolture…

Poi mi lancio in argomentazioni più complesse: ogni chiesa è un brano unico e irripetibile di storia dello spazio urbano, si pensi ad una basilica paleocristiana costruita su un tempio romano, e ad una chiesa barocca costruita su una chiesa paleocristiana.

Ogni chiesa custodisce memorie storiche, tradizioni e credenze che ne costituiscono le fondamenta spirituali, accanto a quelle materiali. E quelle materiali furono costruite da maestranze le cui vicende possono essere altrettanto dense e interessanti.

Ogni chiesa è una singola (e sovente singolare) combinazione di incontri, tanto fortuiti quanto fatali, fra artisti e mecenati, fra papi e santi, fra martiri e reliquie, fra prestigiose committenze e cultura popolare.

Ogni chiesa è un brano di storia della musica e delle (cosiddette) arti minori, fra organisti ed intagliatori ed ebanisti. Senza tralasciare l’aspetto confessionale, e dunque il diverso modo di concepire lo spazio liturgico in una chiesa cattolica, in una ortodossa e in una protestante.

Senza tralasciare, infine, le chiese dei secoli XX e XXI, che meritano uno sguardo attento per le nuove forme architettoniche, i nuovi materiali utilizzati e, non da ultimi, i nuovi contesti sociali ed urbanistici in cui gli architetti (spesso le “archistar”) le vanno a costruire.

“Ma io non sono credente!, posso anche non entrare”, mi sono sentita rispondere talvolta, quasi provocatoriamente, mentre mi affannavo a esporre tutte le (a mio avviso) valide ragioni che ho fin qui enumerato. Allora prendo un altro bel respiro e, a questo punto, mi gioco l’ultima carta, quella della spiegazione più radicale, complessa, astratta, la stessa che mi giocherei gli adulti (perché non mancano adulti che qui prudentemente definiamo “scettici”): credenti o meno, non ha importanza, la ricchezza degli spunti estetici, spirituali, storici offerti dall’edificio religioso è tale da soddisfare anche gli ingegni più multiformi, e l’approccio laico non deve comunque escludere o ignorare la dimensione religiosa e spirituale dell’esistenza.

E chi vuol capir capisca. Ma li avrò davvero convinti?!…

[CM]