Inciampare nella memoria, un buon esercizio di Resistenza

Posa di pietre d'inciampo
Posa di pietre d’inciampo a Roma nel quartiere di Tor Pignattara (foto: cortesia Ilaria Soreca)

Qualcuno lo ha definito il “mosaico della memoria“. E’ composto da quasi 60.000 tessere d’ottone, sampietrini delle dimensioni di 10×10 centimetri, sparse in oltre 20 paesi europei. Il mosaico cresce ogni anno, nelle settimane precedenti la Giornata della memoria del 27 gennaio, e se potessimo guardarlo dall’alto capiremmo quali sono stati i confini toccati dall’orrore nazista.

L’idea di posizionare pietre ricoperte di una lastra di ottone inciso con i dati anagrafici, l’indicazione dell’arresto e il luogo e la data di morte del deportato, è di un artista tedesco Gunter Demnig e risale al 1993. Quell’anno Demnig era stato invitato a Colonia per l’inaugurazione di un monumento a ricordo della deportazione di Rom e Sinti. Ma durante la cerimonia un’anziana donna aveva espresso vivacemente il suo dubbio sull’attendibilità di questo evento. A sua memoria a Colonia non c’era stata alcuna deportazione di Rom e Sinti.

Dimenticare è un atto umano che non controlliamo. Non scegliamo coscientemente cosa ricordare o meno: lo fa la nostra psiche, seguendo principi e metodi che, ancora oggi, rimangono non del tutto conosciuti neppure dalla scienza. Dimenticare quindi significa rimuovere dalla nostra mente. Ma di fronte a un evento storico la rimozione ha un significato molto profondo, che investe non solo la persona che la compie, ma la comunità intera. Rimuovere un evento storico significa negarlo e con questo cancellare ogni significato morale, sociale, politico e culturale delle conseguenze di quell’accadimento. E’ un problema grave per i testimoni reali di quell’evento, ma è ancora più grave se a farlo sono le generazioni future, impossibilitate di oppure “impossibilitate a” farsi carico del bagaglio della storia e quindi maggiormente esposte non solo al meccanismo della negazione, ma soprattutto all’impossibilità di far propri i principi maturati dall’interpretazione del fatto storico.

L'artista Gunter Demnig al lavoro
L’artista Gunter Demnig al lavoro (foto: cortesia Ilaria Soreca)

Di fronte a quell’anziana signora di Colonia, Gunter Demnig ha colto la necessità di dare un contributo alla battaglia contro la rimozione dell’orrore nazifascista ideando un’installazione artistica che disseminasse per l’Europa non solo il ricordo delle vittime, ma soprattutto fosse capace di suscitare in altri lo “stupore” della memoria. Da qui è nata quindi l’idea dell’inciampo visivo che la pietra – la Stolpersteine (http://www.stolpersteine.eu/)– provoca nel passante, il cui sguardo cade su quella piccola lastra di ottone.

Inizialmente l’artista immaginò questa installazione soprattutto per i deportati per ragioni razziali, rivolgendo quindi la sua attenzione alle famiglie di religione ebraica o di etnia Rom e Sinti. Privati cittadini, legati da relazioni di parentela o di amicizia, si rivolgevano a Gunter Denmig per finanziargli una Stolpersteine da posare davanti l’abitazione del proprio congiunto o amico. Ma in ormai 25 anni di attività, l’interesse per questo progetto ha raggiunto non solo luoghi e città impensabili, ma ha anche allargato le tipologie di “deportazione”. Alla discriminazione razziale e religiosa si è aggiunta quella per gli omosessuali, per i diversamente abili, fino ad abbracciare i deportati politici.

In Italia le Stolpersteine sono arrivate nel 2010 a Roma. Grazie all’associazione Arte in Memoria, organizzatrice dell’iniziativa Memorie d’inciampo, e ad altre istituzioni come l’Associazione Nazionale ex Internati, la Comunità Ebraica di Roma, l’Istituto Romano per la Storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza, il Comune di Roma e a altre organizzazioni, il progetto oggi conta circa 500 pietre d’inciampo in tutta Italia. Comprendendo l’importanza del lavoro didattico necessario per realizzare quel “passaggio di testimone” fra generazioni indispensabile per mantenere viva la memoria della violenza del nazifascismo, a Roma, Reggio Emilia, Torino e Milano gli istituti storici presenti hanno avviato progetti didattici con le scuole, in occasione della cerimonia di posa delle pietre d’inciampo. Si veda in particolare l’articolo di Maria Luciana Granzotto, Pietre d’inciampo in Italia: introduzione .

Agli studenti non si chiede solamente di conoscere gli eventi storici legati al nazifascismo, ma essi vengono anche investiti del compito di tutelare e conservare le pietre presenti nei luoghi vicini alla loro scuola. Gli alunni scoprono così la storia della loro città e dei loro quartieri, entrando in contatto con un passato recente, che si manifesta concretamente nel loro presente. Sono occasioni preziose sia per gli studenti di famiglie italiane – che prendono contatto con una memoria familiare magari a loro poco conosciuta – sia per ragazzi e ragazze di seconda generazione o di recente immigrazione, che si avvicinano alla storia del nostro Paese attraverso l’esperienza, dolorosa, della negazione dei diritti civili, elaborando così valori di condivisione e di rispetto reciproco. Sono principi alla base della nostra società e che animano la vita civile del nostro Paese: la memoria della Resistenza, l’antifascismo, il rispetto per la diversità, la possibilità di vivere in un contesto multiculturale e multireligioso.

Le nuove pietre d'inciampo pronte per essere messe in opera sul marciapiede
Le nuove pietre d’inciampo pronte per essere messe in opera sul marciapiede (foto: cortesia Ilaria Soreca)

Molte associazioni locali oggi promuovono percorsi didattici che prendono spunto dalle Stolpersteine, poiché le pietre d’inciampo consentono agli studenti di muoversi sul territorio e imparare a leggere il paesaggio storico contemporaneo alla luce di una stratificazione storica densa.

Oltre agli istituti storici di Roma, Reggio Emilia (https://www.istoreco.re.it/pietre-dinciampo/), Torino (http://www.istoreto.it/) e Milano (http://www.insmlimilano.it/), anche molte associazioni delle diverse comunità ebraiche presenti nelle città promuovono interventi didattici. E proprio il coinvolgimento delle scuole ha dato forma a una promozione originale del progetto, che vede non più coinvolti solo i richiedenti familiari e amici delle vittime, ma anche istituti, gruppi di studenti, associazioni locali e comitati di quartiere. A Torino per esempio il progetto è inserito nelle attività principali del Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà, patrocinato dal Comune. A Roma, nel Municipio V, l’Ecomuseo Casilino e il Comitato di quartiere di Tor Pignattara da due anni promuove la partecipazione alla posa delle pietre d’inciampo per le vittime residenti nel quartiere, realizzando attività didattiche con le scuole locali.

Le pietre dunque segnano un percorso sia fisico che mentale davvero utile per guidare gli studenti alla conoscenza della memoria e della storia dei luoghi della loro quotidianità, ma rappresentano anche una diversa chiave interpretativa del turismo storico, capace di mostrare la città come un libro aperto e parlante, che consegna alle future generazioni il compito difficile di conservare e trasmettere principi e valori.

[SF]

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