Per una storia del turismo scolastico: l’età moderna (secoli XV-XVII) [Parte IV]

Immagine con citazioneL’età umanistica si lascia alle spalle le complesse ee astratte speculazioni filosofiche e teologiche dell’età medievale, per tornare all’uomo e alla dimensione pratica dell’esistenza: nascono nuove tecnologie (ad esempio la stampa), nuovi approcci critici (la filologia), nuove visioni dello spazio (la prospettiva) e, non da ultimi, una nuova pedagogia basata sullo sviluppo armonioso delle facoltà umane (in ultima analisi, il principio dell’Uomo vitruviano leonardesco) e, dunque, nuovi metodi di insegnamento.

I maestri abbandonano i metodi repressivi (castighi, percosse, privazioni) dei decenni precedenti, riscoprono i grandi autori e pensatori della classicità e aprono con loro un “dialogo” ideale; i nuovi programmi educativi integrano discipline diverse, ad esempio gli studia humanitatis e le scienze naturali.

Sarà non a caso il genio umanistico per eccellenza, Leonardo da Vinci (ancora lui), ad affermare che proprio l’esperienza è «madre di ogni certezza».

Un secolo e mezzo dopo le parole del filosofo inglese Francis Bacon (On travel, 1597) illustrano i cardini concettuali del programma pedagogico dell’età moderna, basato sull’osservazione diretta, sulla  ricerca scientifica e sulla prassi:

«Il viaggiare per i giovani fa parte dell’educazione; per gli adulti fa parte dell’esperienza […]. Approvo pienamente che i giovani viaggino sotto la guida di un tutore […] che possa indicare loro quali cose siano da vedere nei paesi in cui viaggiano, quali persone debbano conoscere, quali studi o quale cultura il nuovo offre, altrimenti  andranno con gli occhi bendati ed osserveranno ben poco[…]».

La rivoluzione copernicana dell’universo studentesco è dunque in piena affermazione: nelle opere pedagogiche di questi anni si esprime l’ideale di una cultura non pedante, non mnemonica, non libresca. E se un libro di testo deve esserci, ebbene questo è il grande Libro della Natura, su cui “leggere” con gli occhi dell’esperienza e dell’osservazione dirette tutto ciò che è contrapposto alle ricerche erudite e agli esercizi retorici e di stile (è a questa epoca, fra l’altro, che risale l’apertura delle prime sale anatomiche).

La stessa esortazione a conoscere (quasi epicurea, come accennato nel post dedicato all’antichità), anima il viaggio in quella che secondo noi, è la mèta più bella: quella che non c’è, cioè quella dei luoghi utopici. Nella Città del Sole di Tommaso Campanella (1602) e nella Nuova Atlantide di Francesco Bacone (1627), è proprio l’Utopia, cioè letteralmente il “non-luogo”, il mondo in cui tutto si impara tramite strumenti diversi dai libri e dalle inutili esercitazioni grammaticali.

Pur sempre privilegio di pochi, il viaggio d’struzione è inevitabile premessa e, al tempo stesso, il necessario corollario della moderna mentalità europea. Durante il XVII secolo la Francia e la Germania (solide realtà politiche), e l’Italia (frammentata politicamente ma eterna custode di memorie e imperituro orizzonte di ispirazione e di sapere) sono le mète di viaggio dei giovani gentiluomini che ambivano a imparare le lingue, antiche e moderne, a conoscere usi e costumi diversi, per tornare nei loro paesi di appartenenza (e, perché no, presso  le loro corti o gli ambienti diplomatici e militari) da veri uomini cosmopoliti e viaggiatori, ormai pienamente formati.

[CM]

 

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